Rivincita del Centro

Gallarate e la Rivincita del Centro

[#disclaimer]
Questo testo ha un forte carattere soggettivo, non è un passaggio della Costituzione e nemmeno una parabola della Bibbia.
Tutto va preso con le pinze e dosato con cura.
Enjoy it.
[#end disclaimer]

Prima di tutto:

SECONDO ME.
(Cerco di dividere in diversi punti, ho la testa piena di analisi fatte, da fare e l’argomento è molto tosto.)

A Gallarate vedo poca “comunità”, soprattutto nel tessuto commerciale.
In molti (non tutti ovvio) hanno sfruttato fino all’osso la “rendita facile” che si aveva fino a qualche anno fa: aprivi un negozio qualsiasi e, considerando la miridiade di persone che passa(va)no, ottenevi la vendita.

Ora se non ti impegni, se non hai una caratteristica forte e se non hai a cuore il “fare bene per chi hai intorno”, non vai da nessuna parte.

Vedo anche pochissima comunicazione.
Entri nel centro e non c’è nulla che ti spieghi, che ti racconti, che ti accolga. Se non sai cosa fare o dove andare, sei perso, ti senti solo.
E non è proprio un bene.

Il problema è, che in realtà, di cose belle, ne abbiamo un sacco!
C’è il NAGA che sta facendo un lavorone per riunire tutte le realtà lavorative.
Organizza anche eventi interessanti e seguiti.
Gallarate ha delle architetture bellissime, degne di una metropoli e spazi intimi da paese incontaminato.
Se cerchi su internet, puoi vedere che diversi turisti fotografano quel meraviglioso murales di via Manzoni. È un’opera d’arte.

(Passatemi questo errore grammaticale: non si inizia una frase con un MA, MA ci sta…)
Ma, oltre ai Gallaratesi, chi la conosce?

In più, ragazzi, abbiamo il MAGA! Che è una botta di respiro e d’aria fresca nel nostro smog cittadino. Se lasciassimo più liberi gli artisti che ci lavorano e se li coinvolgessimo nella creazione di una struttura urbana innovativa, saremmo a cavallo.

Vogliamo parlare anche dell’Istituto della Musica o dell’Istituto Alberghiero?
Parliamo del secondo, dove ho avuto l’onore di mangiare più di una volta nel ristorante interno. Caspita, servizio da Re e cibo da favola! Questi ragazzi farebbero intimidire diversi ristoratori.

Abbiamo una bomba carica di cuori ed energia e non sappiamo usarla.

[#disclaimer]
Non intendo additare le istituzioni, ma anche loro si impegnano per farsi additare.
[#end disclaimer]

La mia proposta.

Se cercassimo di creare un grande centro commerciale all’aperto?
Con un’unica forte immagine e con un’unica forte comunicazione?

Uniamo le forze, in un’unica forte realtà. Molto banale, vero, ma adesso non ci servono cose complicate. Dobbiamo ritrovare il senso di comunità e dobbiamo farlo in fretta.

Iniziamo a dargli un nome, d’impatto, cool e facile da ricordare: abbiamo la parola Gallarate, centro, commercio, il simbolo di Gallarate è un gallo, la città dei galli. Sento diversi ragazzini dire: “Andiamo in centro a Galla”, “Vado a scuola a Galla”, “Troviamoci davanti alla biblio a Galla”.
Ok “biblio”, non si può sentire, però “Galla” si!
È giovane, fresco, corto, semplice, di tendenza, divertente… e una persona “galla” è una sveglia, brillante, una “in”.
Puoi usarlo in milioni di modi nel marketing.

Prova ad immaginare di entrare in centro e vedere “Galla il macellaio”, “Galla er fruttivendolo”, “Galla Baby”.
Visto che fortunatamente abbiamo pochi retailer importanti, che hanno (giustamente) bisogno del loro brand.

Possiamo farcene uno noi e declinarlo nelle varie attività.
Raccogliere tutto sotto un unico nome, unito alle iniziative del NAGA, come la carta “VALORE in COMUNE“.

E poi entri e trovi dei cartelli, che possono essere anche simpatici, che quindi non disturbano. Una sera dovevo comprare il pane, mi sono dovuto fermare su una panchina a riflettere dov’era il panettiere. Certo, avrò avuto la testa in aria, ma c’è da dire che non è così semplice districarsi fra le varie vie cittadine e tenere a mente tutto.
Quanto sarebbe bello trovare un cartellone con il bel faccione del macellaio, che compra rigorosamente solo carni di allevamenti biologici locali o del commercio equo, con scritto “Mario, vende a Galla le sue carni”. Dobbiamo conoscerci, dobbiamo far conoscere i nostri volti e le nostre storie ai consumatori. Dobbiamo riacquisire quel senso di fiducia che c’era una volta, quando andavi per forza a comprare il pane lì, perché la Giovanna era la più brava panettiera ed era la più simpatica.

[#provocazione]
Oggi, quanti panettieri sanno ancora fare il pane?
[#end provocazione]

Dovremmo ritrovare un po’ di questo spirito:

Dopo aver costruito il brand, dobbiamo iniziare ad usarlo, quindi altre banalità: eventi (magari con l’istituto musicale e quello alberghiero), social network, internet più semplicemente, volantini, insegne, bigliettini da visita, sacchetti, ovunque.

Il brand deve però anche rimandare ad un servizio nuovo offerto.
Pensando alla spesa nel supermercato e alla spesa in un centro cittadino, ci sono due problemi definiti nella stessa parola: TEMPO.
Se ne abbiamo poco, di passeggiare non ci interessa, se è brutto, passeggiare non ci piace.
Per risolverlo potremmo pensare ad un ecommerce (e app per smartphone) dove comodamente si scelgono i prodotti, si stabilisce un punto di ritrovo dove ci aspetta un simpatico omino che ci consegna la spesa (es. Seprio Park) e si sfreccia a casa. Si potrebbero servire anche pasti già pronti, ma finalmente di buona qualità, così gli stacanovisti non ingeriranno più solo surgelati o junk food.

E se qualcuno di noi volesse passeggiare, perché non offrirgli un parcheggio gratuito? Se questo brand, ormai famoso, facesse un accordo con i gestori permettendo a chi ha lo scontrino di non pagare il parcheggio?

Si potrebbe gestire un servizio come questo qui.
Si potrebbe creare un servizio di consegna pacchi, con commessi gentili e cortesi, magari in bici.

Si potrebbero e si possono fare altre milioni di cose.

Siamo pronti? Lo vogliamo fare?

Abbiamo bisogno delle 3 P:

  • persone;
  • personalità;
  • perseveranza.

 

Intanto che decidi, guarda un po’ questo video, lei è un’architetto che ha proposto una via per ricostruire Detroit dopo il default.
E tutto gira intorno al senso di comunità.

(Il TED è un’organizzazione che promuove conferenze innovative.)

 

Quindi, ricapitolando:

  • Brand
  • Personalità
  • Servizi innovativi
  • Prodotti locali
  • Biologico
  • Comunità
  • Basso investimento
  • Alto rendimento

Basterebbe recuperare una percentuale del fatturato di tutti i supermercati che abbiamo intorno.

A me piace, a te?

Ps: se un giorno riuscissimo ad avere anche una filiale di Banca Etica in centro, la bomba carica di cuori ed energia diventerebbe ATOMICA.

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